La chiesa del monastero di S. Giacomo ha conosciuto tre fasi della sua storia, di ben diversa composizione. Intorno all’anno 1000 al centro della piccola Val S. Martino esisteva una chiesetta dedicata alla B. Vergine Maria e ai Santi Bassiano e Nicola; i segni dei resti della fondamenta si possono osservare ancora oggi ai piedi dello scalone, che conduce alla chiesa attuale. Nel 1076, precisamente l’8 novembre, Alberto da Prezzate dona tutto il terreno circostante al monastero di Cluny (Francia) per la costruzione di un monastero e di una chiesa dedicata a S. Giacomo Apostolo (era luogo di passaggio dei pellegrini che dalla Svizzera scendevano a Venezia per recarsi in Palestina). Dai pochi resti rimasti (qualche capitello, la base di un pilastro, al livello dell’inizio dello scalone) era di stile romanico, forse delle proporzioni di quella di S. Egidio di Fontanella. Vi era un sarcofago di marmo con sculture ed epigrafi di S. Alberto.
Sviluppatosi floridamente il monastero, esso divenne ben presto oggetto di una “commenda” (affidamento). Il primo commendatario fu il card.Guglielmo Longhi di Adrara S. Martino. Egli, volendosi preparare una degna sepoltura, tra il 1298 e il 1310, fece innalzare l’attuale basilica in stile gotico lombardo, la prima in Lombardia. E’ opera dei maestri comacini Giovanni da Menaggio e compagni. Aveva dodici pilastri (6 e 6 secondo la tipologia della Chiesa fondata sui dodici Apostoli e orientata da est a ovest), non aveva abside, ma era “a sala”, con le due cappelle terminali affrescate. Purtroppo il grandioso mausoleo del cardinale si trova ora a S. Maria Maggiore di Bergamo, ove fu sepolto nel 1319.
Nel 1373, in una feroce battaglia tra i valligiani e i soldati del duca di Milano, Bernabò Visconti, la chiesa fu gravemente danneggiata: distrutta la facciata, demolite le prime due campate e asportate le reliquie dei Santi Alberto e Vito, depositate a S. Maria Maggiore di Bergamo. Il monastero fu completamente distrutto. La chiesa rimase praticamente abbandonata fino al 1491, quando la Repubblica di Venezia comprò tutti i resti della distruzione con i possedimenti e, al posto dei monaci cluniacensi, fece venire monaci veneti della Congregazione di S. Giustina di Padova. Essi ricostruirono il monastero, innalzarono una facciata di mattoni a vista alla chiesa, abbandonando le due prime campate, prolungarono in stile rinascimentale tutto il presbiterio.
Così rimase la chiesa fino agli anni 1828 – 1830, quando, soppresso oramai il monastero nel 1798, il primo parroco diocesano, D. Giuseppe Mangili, fece innalzare l’attuale facciata in pretto stile neoclassico dall’architetto Giuseppe Bovara di Lecco. C’erano state altre aggiunte: nei secoli sedicesimo e diciattesettesimo; nella parete verso nord erano state aperte quattro cappelle: della Madonna con ricchi marmi e statue attribuite ad Antonio Gelpi e Antonio Callegari, quella dei Morti con la Deposizione di Giacomo Dolfino del 1668 e due affreschi sulle lunette di Mario Donizetti del 1961; indi la cappella di S. Giuseppe con statua in legno di S. Giuseppe di fattura della Val Gardena negli anni inizio secolo XX; infine la piccola cappella del battistero classicheggiante con all’ingresso la statua di S. Giovanni Battista.
Ma nel 1910, tornati i monaci, restaurarono la cappella terminale di sinistra; sfondarono le due pareti del presbiterio con due grandi trifore per contenervi l’organo; quindi rialzarono le volte di tutto il presbiterio in forme gotiche, sistemando il coro in forma absidale. Si era preparato anche il progetto di una facciata in puro stile gotico lombardo, ma non eseguita per lo scoppio della prima guerra mondiale; infine, attaccato al primo pilastro di sinistra verso il presbiterio, un monumentale pulpito, demolito poi negli anni ’80.
Apparato liturgico.
La Basilica ha due altari maggiori: uno di marmi variegati del 1707 con all’interno l’urna d’argento del 1693 contenente le Ossa dei Santi Alberto e Vito. Di fronte ha l’altare in pietra del 1980 con infisse come antipendium le due lapidi romaniche del sepolcro di S. Alberto con bassorilievi e iscrizioni del 1095. Nell’abside c’è il coro di 25 stalli del 1540. A sinistra la cappella terminale di S. Benedetto ha un trittico neogotico di Pasquale Fringuelli (Roma 1913), raffigurante S. Benedetto in trono con ai lati S. Scolastica e S. Placido. Segue la cappella barocca della Madonna con statua di marmo bianco della Madonna col Bambino, attribuita ad Antonio Gelpi senior (1767), quindi la cappella dei Morti con una Deposizione di Giacomo Dolfino (1668) e due affreschi nelle lunette di Mario Donizetti (1960); poi la cappella di S. Giuseppe con statua lignea del Santo e infine la cappellina classicheggiante del piccolo battistero con statua in marmo di S. Giovanni Battista. All’altro lato, la cappella terminale di S. Mauro, sotto il campanile, con l’affresco di Giulio Quaglio (circa 1720), due colonne di marmo tortili, il tutto di scuola fantoniana. Verso la porta minore d’ingresso, sulla parete sono appesi due enormi quadri di Simone Calvi (l’incontro di S. Benedetto e re Totila e S. Alberto e la regina Teoperga, ambedue del 1685). A metà di questa parete vi è una grande nicchia con l’altare del Crocifisso (1679), opera di scuola fantoniana.